mercoledì 25 gennaio 2012

PUNTI DI INCONTRO: primi momenti di Rugby alla scuola superiore L. Einaudi di Badia Polesine.

Perchè in Italia non si è diffusa la pratica del rugby?
Forse perchè il "rugby" in fondo non lo conoscono in tanti. Si dice spesso che è uno sport di nicchia, per pochi fortunati. Ma la realtà è che tutti quelli che il rugby lo conoscono poco o niente, un'idea di cosa sia il rugby se la sono fatta comunque ed il più delle volte non c'entra nulla con il "rugby".


Nicolò Sacco assieme a Vittorio Golfetti coadiuvati da alcuni giocatori della prima squadra del Rugby Badia sono i tecnici responsabili del progetto "scuola" avviato dalla società sportiva Rugby Badia-Accademia Rugby Badia.








E' davvero un bel racconto, a me piace anche il titolo in chiaro "slang" rugbistico PUNTI D'INCONTRO con i ragazzi delle scuole superiori ma anche con il tuo avversario quando sei in campo.
Nelle prossime righe Nicolò ci racconta la sua esperienza con i ragazzi dell'Istituto Einaudi di Badia Polesine.

Nel mese di Gennaio abbiamo cominciato un progetto di incontri presso la scuola superiore L. Einaudi, rivolgendoci agli studenti del primo e del secondo anno, ipotetici under 16, portando l’esperienza di chi come me col Rugby, qui, c’è cresciuto, e di chi pur trovandosi nella piccola realtà di Badia Polesine, vi è cresciuto dall’altra parte del mondo come Charl e Pablo, rispettivamente in Sud Africa e Argentina.


Gli studenti cominciano con celata curiosità, ci presentiamo, si stupiscono del Badia in serie A, raccontiamo, prendiamo la palla in mano. Gli facciamo conoscere il passaggio, il gesto delicato in uno sport di forza, l’importanza della comunicazione, li conosciamo sentendo urlare a ragazzi e ragazze il proprio nome.
Ci divertiamo anche noi, giochiamo con loro, d’altra parte eravamo nei loro panni pochi anni fa, intervalliamo esercizi tecnici a giochi di coppia e squadra, il volume aumenta, si chiamano, comunicano come è difficile sentire anche in un allenamento della prima squadra. Tutto il nostro stupore nel vedere 2 ragazze in difesa, in un 3 contro 2, scalare “naturalmente” e prendere l’attaccante in superiorità numerica, ripeto, difficile anche in un allenamento della prima squadra.

Cose che ti fanno pensare, credere che il nostro sport possa crescere davvero, basta il giusto carburante, forse nemmeno troppo, scalano senza che nessuno gliel’abbia insegnato.

La campanella suona, chiediamo ai ragazzi di tornare, di provare al campo, di stare insieme a noi al terzo tempo. Tante righe scritte ma forse i numeri parlano da soli, nei primi 3 incontri durante le ore di educazione fisica, ben 15 ragazzi e addirittura 2 ragazze chiedono di poter provare al campo, la legge della probabilità dovrebbe essere dalla nostra, gli ipotetici under 16 si fanno un po’ più concreti, i professori chiedono di allargare il progetto anche alle altre classi. Pablo, che prima di una partita mi dice sempre: “penso che andiamo a giocare bene”, me lo ripete ridendo, penso che, su questa strada, andiamo a giocare bene.

A cura di: Nicolò Sacco Chilian.

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